Diario 17 maggio 2022
Seconda Tappa
320 km, 5:30 ore in moto
Ore 7, sveglia in un letto comodissimo, gli dico addio, sapendo che l’avventura in piena regola iniziava oggi.
Chiamo subito Basilisco (Vulture), D’Araprì (San Severo), Cataldi Madonna (Abruzzo). Inizio ad aver paura per la notte e per la prosecuzione del viaggio. Per fortuna rispondo tutti ed accolgono la mia richiesta. Si parte!
Basilisco, Viviana e i colori del vino
La cantina Basilisco è vicinissima a quella di Elena Fucci, si conoscono ed amano il vino allo stesso modo ma con approcci diversi. Appena entro nella sua cantina, incastonata in un antico palazzo signorile, si crea un’immediata intesa e sintonia. Viviana è di Genova, sembra capitata lì per caso, eppure non poteva verificarsi destino migliore. Da insegnante, a cuoca, poi inizia a gestire cantine. Così!
Basilisco è una cantina di proprietà di Feudi di San Gregorio ma, fra le sue mura e nel suo vino, c’è tutto il carattere di Viviana, anche lei innamorata del Vulture e del suo terreno lavico, anche lei nei vini ricerca l’eleganza, la spiccata freschezza e la sapidità che l’Aglianico del Vulture sa dare. Man mano che ci addentriamo, la cantina diventa sempre più fredda e sempre più spoglia: siamo nelle Shesh, sensazionali grotte scavate nella roccia lavica del vulcano ed abitate dai profughi albanesi nel 1400. Oggi, invece, vedono evolvere serbatoi, botti ed anfore di Aglianico e Fiano.
Viviana ha imparato sul campo, provando. Il suo metodo si è consolidato ma la sperimentazione, che sembra per lei una valvola di sfogo, è in grado di dare risultati più che soddisfacenti. Assaggia continuamente i vini fino a che non la convincono, come uno chef fa con gli ingredienti e con i suoi piatti.
Addentrandoci in una delle grotte di affinamento, compaiono all’improvviso uno stuolo di bottiglie stese a riposare proprio dove riposavano coloro che le abitavano. Si respira, fra quelle rocce nude, un’aria di vita vissuta fra vino e convivialità.
Saliamo nella sala degustazione, dove spicca subito una nicchia con bottiglie e marze di aglianico a piede franco. Una rarità da quando la fillossera ha distrutto i vitigni di tutta l’Europa. Viviana dà un colore, che rappresenti il carattere del vino e di chi l’ha ispirata nel produrlo, a tutte le sue etichette. Un’associazione originale in cui mi ritrovo in pieno.
Assaggio i suoi rossi: Teodosio, il “biglietto da visita”, poi il Basilisco, «un vino scalciante, come mio fratello» lo definisce, sorridendo, Viviana, con quella nota balsamica sul finale data proprio dal terreno. Arriva poi il momento dei Cru, vini che sembrano sempre troppo giovani ma con un carattere esplosivo, che ancora una volta rappresenta la personalità di chi li cura dalla vigna alla bottiglia. Ogni piccolo particolare è fondamentale, ogni bottiglia deve essere perfetta!
Fiordimarna, un vino importante che sorprende per freschezza e sapidità, come gli altri, ma si finisce in un sorso! Elegante, fluido e leggero in bocca, ma con un’intensità impressionante, sia al naso che in bocca.
«Accidenti, devo guidare!» penso ad alta voce. Così mi versa un ultimo vino, lo Storico. Storico. Viene dalla vigna più anziana dell’azienda, ha 9 anni sulle spalle, ma “sembra più giovane di quel che è”. Parliamo ancora di vini, passioni e scelte di vita.
Si è fatto tardi ed io non posso bere quanto vorrei, scappo, ripromettendomi di tornare presto!
Monto in sella e mi giro il Barile in lungo e in largo, chiamando e ricevendo chiamate, chiedendo indicazioni per uscire ancora in piedi da quel labirinto di stradine e saliscendi, circondato dai vigneti, che si diramano lungo il versante del vulcano.
Faccio in tempo, si torna in Puglia, direzione San Severo!
La strada – Parte 1.
La strada scende lungo il fianco della montagna e penso a quanto mi piacerebbe salire a vedere i laghi nel cratere del Vulture, ma poi penso che finalmente vedrò quella cantina di cui ho assaggiato quasi ogni vino. Arriva una chiamata per il lavoro e domani ne avrò una per la laurea. È questo il problema di prendere e partire in un momento che è importante solo per te: devi continuare a fare una vita normale.
Risolvo anche questo ma il dubbio che con questo viaggio vorrei superare si fa più insistente.
«Vedremo domani, fin ora ti sta andando bene così!» mi rispondo.
Sbaglio strada. Entro a Foggia. Un camion gira dritto verso di me, lo evito suonandogli. Mi manda fanculo. Passo circa 40 minuti nel capoluogo, spaccando la città da un capo all’altro per raggiungere San Severo.
D’Araprì
Ci passo davanti senza accorgermene! Non ti aspetti una cantina così da una porta in un palazzo signorile nel centro storico di San Severo. Chiedo ad un signore fuori dalla porta del suo negozio dove fosse D’Araprì e mi risponde ridacchiando sotto i baffi
«È quella porta lì!». Lo guardo incredulo.
Parcheggio la moto lì davanti ed entro lasciando tutto fuori, come ho fatto finora, non ragionando bene su dove fossi. Mi accoglie Daniele, il Rapini Junior del trio D’Araprì che mi presenta i fondatori D’Amico, Rapini e Priore Senior.
Dopo qualche acceso dibattito fra tutti loro, l’unico della seconda generazione presente al momento del mio arrivo in cantina, mi accompagna al piano di sotto. Una grande galleria del 1700 completamente piena di spumanti sembrava di essere in una cantina in Champagne, da cui i tre giovani musicisti D’Araprì hanno osservato ed imparato.
«Abbiamo fatto il passaggio di generazione nella conduzione della cantina, tutti pensano che quei tre siano in pensione chissà dove. In realtà sono sempre qui in cantina!», mi racconta Daniele, che ha lasciato il suo lavoro d’architetto e si è dedicato all’azienda con cui e nella quale era cresciuto.
«Hai lasciato le cose sulla moto?! – irrompono i senior dal piano di sopra – no, porta tutto dentro, ti aiutiamo noi!» Risalgo e stacco tutto, mentre mi raccontano le loro disavventure. Riscendiamo e, proseguendo, continuiamo a girare di galleria in galleria, ampliate man mano che la cantina, all’inizio considerata un’impresa folle, riscuoteva successo ed ampliava la sua produzione.
Le gallerie esistevano già sotto tutto il centro storico del paese, San Severo era già anticamente votata alla produzione di vini, anche se, come spesso accade al sud, considerati solo uve e vini da taglio. Dopo un gravissimo terremoto che distrusse gran parte delle cantine allora presenti, fu vietato costruirne nel centro storico.
Solo i tre, dopo aver avviato la loro impresa nel 1979, decidono di iniziare ad affinare lì i loro spumanti da bombino bianco, rendendo unica questa realtà.
Mi portano a vedere il vecchio frantoio ipogeo e l’ex carcere borbonico, scoperto solo di recente nell’ampliamento delle gallerie, dove oggi prendono vita concerti e spettacoli in un’ambientazione surreale.
Anche qui il mio tempo finisce, prima ancora di poter assaggiare qualcosa. Saluto Daniele, che mi aiuta a caricare di nuovo la moto e parto.«È quella porta lì!». Lo guardo incredulo.
Parcheggio la moto lì davanti ed entro lasciando tutto fuori, come ho fatto finora, non ragionando bene su dove fossi. Mi accoglie Daniele, il Rapini Junior del trio D’Araprì che mi presenta i fondatori D’Amico, Rapini e Priore Senior.
Dopo qualche acceso dibattito fra tutti loro, l’unico della seconda generazione presente al momento del mio arrivo in cantina, mi accompagna al piano di sotto. Una grande galleria del 1700 completamente piena di spumanti sembrava di essere in una cantina in Champagne, da cui i tre giovani musicisti D’Araprì hanno osservato ed imparato.
«Abbiamo fatto il passaggio di generazione nella conduzione della cantina, tutti pensano che quei tre siano in pensione chissà dove. In realtà sono sempre qui in cantina!» mi racconta Daniele, che ha lasciato il suo lavoro d’architetto e si è dedicato all’azienda con cui e nella quale era cresciuto.
«Hai lasciato le cose sulla moto?! – irrompono i senior dal piano di sopra – no, porta tutto dentro, ti aiutiamo noi!».
Risalgo e stacco tutto, mentre mi raccontano le loro disavventure. Riscendiamo e, proseguendo, continuiamo a girare di galleria in galleria, ampliate man mano che la cantina, all’inizio considerata un’impresa folle, riscuoteva successo ed ampliava la sua produzione.
Le gallerie esistevano sotto tutto il centro storico del paese, San Severo era già anticamente votata alla produzione di vini, anche se, come spesso accade al sud, considerati solo uve e vini da taglio.
Dopo un gravissimo terremoto che distrusse gran parte delle cantine allora presenti, fu vietato costruirne nel centro storico.
Solo i tre, dopo aver avviato la loro impresa nel 1979 decidono di iniziare ad affinare lì i loro spumanti da bombino bianco, rendendo unica questa realtà. Dopo aver visto il vecchio frantoio ipogeo ed ex carcere borbonico, scoperto solo di recente nell’ampliamento delle gallerie, dove oggi prendono vita concerti e spettacoli in un’ambientazione surreale!
Anche qui il mio tempo finisce, prima ancora di poter assaggiare qualcosa. Saluto Daniele, che mi aiuta a caricare di nuovo la moto e parto.
La strada – Parte 2.
Imposto il navigatore su Madonna del Piano, Ofena (AQ). Appena uscito da San Severo trovo il mio incubo: l’autostrada. Provo ad evitarla ma ritorno lì. Ne faccio un piccolissimo tratto ed arrivo subito al casello. Non funziona. L’autostrada mi vuole lì con sé. Suono, chiamo ma nulla. La fila aumenta e sono passati già dieci minuti sotto il sole cocente, ancora nulla. Arriva un signore in camicia, paffuto e con gli occhiali, non sembra uscito da un casello. Prova a premere il bottone rosso che avevo premuto fino ad allora.
Ancora nulla, poi la geniale idea: «Venite a questo qui dove ci sono io!».
Sono libero.
La strada sembra infinita, ed infiniti sembrano i motociclisti in giro che mi salutano. Di tanto in tanto sento la stanchezza assalirmi (il limite di velocità è quasi sempre 50 km/h) fra i tornanti. Mi fermo, prendo un caffè, poi un altro. Proseguo.
Superata Pescara con i suoi trabocchi sul mare, il paesaggio cambia rapidamente, mi avvicino a L’Aquila ed al Gran Sasso, che spicca imponente dietro ogni tornante. Il sonno passa in un secondo: il paesaggio è spettacolare e non voglio perdere neanche un battito di ciglia. Si intravede la meta.
Cataldi Madonna, Pierluigi e le storie su Giulia e Luigi
Dopo mille giri fra le strade di campagna dopo L’Aquila intravedo la meta. Mi aspetta Pierluigi, che lavora qui da quattro anni nella cantina. Subito inizia a raccontarmi la storia e gli aneddoti sulla nascita di questa, una cantina di origine nobiliare con un piglio particolare. Luigi, laureato in filosofia decide di dedicarsi ai vigneti concentrando nei suoi vini un carattere tanto elegante quanto sovversivo. Piove. Prendiamo un caffè e continuiamo a parlare mentre fuori, dopo pochi minuti (almeno così sembra), smette di piovere.
È il momento di montare la tenda dietro il deposito della cantina, davanti alle vigne più anziane ed importanti dell’azienda: Tonì e Piè delle Vigne. Mi metto a studiare ma comincia a piovere di nuovo.
Entro in tenda e la luce comincia a scendere così come la temperatura. Dopo qualche ora di studio fuori è buio pesto anche se volatili di ogni specie continuano a cantare frenetici, devo mettermi a dormire.
La notte
Sembra notte soltanto per gli umani. Tutto tace tranne qualche voce in lontananza. A contatto con la terra tutto risuona come fosse fin troppo vicino: gli animali della fattoria, i cani che abbaiano come fossero mercanti alla fiera del paese, i gatti che lottano come streghe adirate, perfino la tosse di qualcuno nelle case vicine.
Ad un certo punto silenzio. Un coro di ululati in lontananza e la baldoria riprende: nitriti di cavalli, muggiti e grugniti. Dopo qualche accesa conversazione i presunti lupi abbandonano il campo. Torna un finto silenzio. Ogni uccello ed animale attorno a me sembra voler dire qualcosa.
«Ehi! C’è un umano dentro quella robaccia bianca!» e poi di nuovo i cani, che sembrano voler far festa tutta la notte. Mi addormento e mi sveglia un grugnito arrabbiato, sono le 3:00 e sembra molto vicino. Rimango al mio posto. Finalmente dormo.
. Guido
Guido Oliva è un vecchio ragazzo, laureato in Scienze Politiche, con due master alle spalle (Euro-Progettazione e Finanza Agevolata),
un passato nel Roller Derby ed un futuro da Sommelier. Alla ricerca di una svolta da dare alla sua vita, ha deciso di tracciarla su una mappa.
Solitalia è un viaggio su due ruote, in solitaria, alla ricerca delle cantine e dei vitigni più interessanti d’Italia.
Un road-trip alla scoperta dei sapori della Penisola, tra borghi incantati, curve infinite e vigneti nascosti.
Venti giorni, venti località italiane, una moto, una tenda e uno zaino. Un diario di viaggio condiviso attraverso il quale ripercorrere le tappe e i luoghi per scoprire i volti e le storie della lunga tradizione enogastronomica d’Italia.
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