Un linguaggio forbito e ricco di turpiloqui stona ma intrattiene, cazzo. Così mi hanno suggerito mentre cercavo un’idea per scrivere una postfazione. Forse è il caso di cercare consiglio altrove.

La verità è che quando guardo all’interno -il consiglio del paragrafo sopra me lo sono dato da solo- alla ricerca di qualcosa di nuovo da scrivere mi scontro sempre con la (mia) dura realtà: l’innovazione non è figlia della creazione, ma della rielaborazione. Si ragiona per associazioni e sono solo queste a poter essere veramente nuove, e nuove solo nella misura in cui chi legge le ritiene tali.

Ippopotami che si lessano in vasche da bagno, ad esempio, è un’idea che nei tempi di Burroughs e Kerouac mi sembrava piuttosto innovativa. Una bella associazione.

Ora, non tanto [1].

Conosco bene il perfezionismo pietrificante che mi porta a pensare, ogni volta che scrivo qualcosa “scartala e ricomincia da capo”.

Terrore: e se ogni persona che legge quello che hai scritto e che un po’ lo adotta resta scontenta di quel bambino e si pente di avergli dedicato del tempo?

(I miei avranno mai pensato una cosa del genere di me?)

Parossismo, mentre prepari l’e-mail e l’impotenza in cui ti rendi conto, tra mille dubbi, di aver premuto invio ed ora non è più tuo, è del mondo.

Ringrazio tutti gli autori che qui hanno messo al mondo questi loro figli, nati dalle loro esperienze, dalle loro vite, dalle loro penne.

Ringrazio i lettori che li ospiteranno nelle loro menti e li esporranno al mondo, facendoli crescere.

Li ringrazio per aver dato fiducia a Vermi e ringrazio Vermi per aver dato fiducia a me.

Sia la prima di tante pubblicazioni e l’inizio un percorso durante il quale crescere e alla fine del quale (se la fine è proprio necessaria) si anneghi tutti in lacrime fertili e germinative.

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[1] Qui, lettori, c’è stata una censura, ma non vi sarà mai dato sapere quale. Considerate questa nota come una comunicazione interna.