Solitalia

Diario 18 maggio 2022

Abruzzo e Umbria

Terza Tappa

190 km, 3:30 ore in moto

Ore 6:30. Mi sveglio riposato, nonostante la notte di festa, fuori l’aria è ancora torbida dell’umidità scesa fino a valle, nel “forno d’Abruzzo”. Rimango un po’ con la porta della tenda aperta a guardare il sole salire. Poi mi decido, mi alzo e ancora nella tenda richiudo tutto prendo il pc e mi metto a lavoro, perseverando nella mia vita “normale” anche in viaggio.

Sono solo, passano a farmi compagnia 3 cani di cui 2 sovradimensionati (non sono un esperto ma credo fossero un pastore abruzzese ed un bassotto), mi osservano, si avvicinano con diffidenza e dopo aver pisciato un po’ in giro vanno via tutti e tre. Annunciano la vita che ricomincia nella vallata.

Arriva Silver, il cantiniere, mi offre un caffè e si siede a parlare con me, incuriosito dall’avventura che sto vivendo. Anche per lui arriva il momento di mettersi a lavoro, mi lascia al computer e prosegue nel fabbricato successivo.

Cataldi Madonna, Pierluigi e Luigi

Poi arriva il famigerato Luigi, il filosofo vignaiolo, come uno stupido gli chiedo ‹‹siete in visita?›› sapendo già quale sarebbe stata la risposta.
‹‹Io sono l’ex titolare!›› mi risponde a metà fra il sorridente e lo scocciato, mi scuso e mi presento, da lì in poi mi sorriderà e basta. Continuo a sentire la sua voce importante e profonda che borbotta al telefono mentre sono ancora a lavorare al pc, aspettando Pierluigi.

Iniziamo a girare fra i vitigni e nella piccola cantina di Cataldi Madonna: il primo vitigno di Pecorino reimpiantato in Abruzzo, le vecchie vigne fra le quali ho dormito immerse fra i papaveri rossi. Proseguiamo fra le stanze della lavorazione: quasi non riesco a credere che 30 ettari e 200.000 bottiglie possano entrare in quei serbatoi d’acciaio, una sola grande botte da 25 ettolitri per affinare il Tonì, il loro rosso di punta.

Attendo la chiamata del mio Relatore. Mi chiama un call center, poi un altro. Non arriva.

Aspetto su un tavolo, fra i filari dove due aquile volteggiano e si rincorrono sulla testa del trattorista per poi posarsi sui pali delle vigne.

I vini di Giulia e Luigi

Pierluigi arriva da me con una bottiglia di Pecorino “Giulia” 2021. Un verdolino quasi trasparente, brillante, mi abbaglia. Il profumo intenso, fresco e salino annuncia una bocca fresca e quasi salata. Erba tagliata, salvia e melone giallo croccante mostrano l’esuberanza del vigneto, ‹‹un giovanotto spavaldo, che spesso si fa male con le gelate, a differenza dei fratelli più anziani e sapienti che aspettano il caldo vero per uscir fuori›› ridacchia Pierluigi.

Nel frattempo che assaggio, arriva un’altra bottiglia dal colore spettacolare il “Malandrino” Cerasuolo d’Abruzzo 2021. Prima di versarlo Pierluigi mi racconta come nasce questo famosissimo vino: i contadini di una volta non erano affatto disposti a perdere un anno di lavoro ed un anno di vino. Perdere per il freddo la preziosa bevanda non era ammissibile. Così inventano la “svacata”, un metodo unico al mondo: l’uva Montepulciano viene vinificata in bianco, in un pentolone tutte le fecce vengono messe a bollire, fino a creare una confettura che viene unita al vino per dargli colore e sapore. Oggi, la svacata di Cataldi Madonna consiste in una doppia vinificazione della stessa uva (in bianco e in rosso) che si completa, da metà fermentazione in poi in un matrimonio ben riuscito con vini rosati dal colore carico e dal profumo intenso di ciliegia e melograno.

Stesso metodo ma un aspetto tutt’altro che simile, color ciliegia ferrovia, color rubino scarico ma… è un rosato. Il “Piè delle Vigne”, i suoi filari hanno accompagnato la mia nottata fra lupi e cinghiali.

Al naso restituisce profumi di cardo, gelso, cedro ed una piacevole nota di pepe. Un tannino accennato che si sposa con freschezza e sapidità. Decisamente più corposo, nel calice il vino muta i suoi sentori continuamente.

Il “Malandrino” Montepulciano d’Abruzzo 2020, è appena più scuro ed intenso all’occhio ma al naso ed in bocca cambia parecchio: note eteree e balsamiche irrompono subito al naso per poi ammorbidirsi su confetture di ciliegia, castagne e cedro. Nonostante ciò, è fresco e beverino, con un tannino mai invadente.

Cataldi Madonna è una cantina che produce vini moderni nel pieno rispetto della tradizione e delle identità di luoghi e vitigni.

Arriva il momento di salutarci, ancora non ho ricevuto la chiamata che attendevo, vedremo cosa succede.

Pierluigi esce fuori dal suo ufficio chiedendomi se avessi spazio nel borsone. Non faccio in tempo a dire ‹‹sì››, che mi tende fuori una bottiglia di “Cataldino” una bottiglia dal rosa chiarissimo, quasi provenzale. Fra mille chiacchere e discorsi quasi mi passa la voglia di ripartire.

La strada

Mentre percorro la lunga strada fra le fattorie, rivedo i cavalli e le mucche che hanno fatto baldoria tutta la notte, proseguo fra campi di papavero infiniti e montagne gigantesche. Una volta sulla strada mi rilasso, anche perché c’è da andar lenti. Nell’interfono squilla il telefono: il Prof.!

 ‹‹Ciao Guido, scusami ma mi sono incasinato io alla fine! – dice ridendo il mio relatore – potresti connetterti su Teams con la condivisione dello schermo?››, ‹‹Sì mi dia il tempo di fermarmi e mi connetto!›› poco più avanti trovo una piazzola di sosta. Mi fermo, tiro fuori il pc e mi connetto con il Professore fra lo sguardo incredulo di chi mi guardava da dietro lo schermo e dalla strada. La più bella call che abbia mai fatto. Chiudo la chiamata sorridendo ma le ore di strada sono ancora molte e non posso più fermarmi. Tornanti infiniti seguiti da altri strettissimi, volte di alberi a formare gallerie che poi si aprono su paesaggi sconfinati fra valli e montagne. Risalgo verso Rieti, poi Spoleto e finalmente intravedo Montefalco.

Antonelli San Marco

Alla fine di una salita lungo una strada bianca c’è un piccolo paradiso umbro, la cantina Antonelli, nella località San Marco. Marco si occupa dell’accoglienza e mi guarda incredulo ‹‹pensavo fossi venuto in bici, per questo avevo forti dubbi sul tuo arrivo! Ti porto a fare un giro della cantina?››, ovviamente accetto.

‹‹Le vedi quelle botole sul pavimento del piazzale? Lì conferiamo l’uva che cade giù nella diraspatrice per poi essere pigiata›› mi spiega Marco. Poi scendendo arriviamo in una stanza piena di serbatoi in acciaio, proseguendo una bottaia fuori dal comune. Solo botti grandi da 25 ettolitri, tantissime, che sembra debbano crollarti addosso da un momento all’altro. Ci avviciniamo ad una galleria dove trovano spazio anfore di ogni forma, dimensione, materiale e provenienza, tutte italiane. Continuiamo a parlare della vinificazione e del loro stile di produzione elegante e classico, poco dopo risaliamo in sala degustazione.

Mi fa entrare nell’ufficio del “boss”, che oggi manca. Rimango lì a guardare lo spettacolare panorama dalle finestre assieme a barattoli che mostrano il terreno in cui andrò ad accamparmi non appena sarò ben cotto.

I vini di Antonelli

Prima di tutto tre bianchi, da due vitigni, ognuno completamente diverso dall’altro.

Grechetto 2019: sapido, quasi salto, di un paglierino brillante con note erbacee e floreali. Scende fluido, un vino semplice ed immediato.

Trebium 2021, il preferito da chi lavora in cantina: all’aspetto poco più intenso del Grechetto ma che nasconde profumi e sapori di foglia d’olivo e mela verde avvolgendo il palato come un velo di seta.

Anteprima Tonda 2019, un Trebbiano vinificato in anfora che nulla ha a che vedere con il Trebium appena assaggiato. Ha tutto del miele: dal profumo, al sapore, fino ad arrivarne quasi alla consistenza. Al naso mela cotogna e miele d’acacia con note di cannella e coriandolo che preannunciano un sorso fresco e sapido, corposo. Un bianco intenso ed elegante. Ma non è finita. Ci sono i rossi.

Il Montefalco rosso 2019, uno dei più eleganti sottili che abbia mai provato, poi la riserva 2018 con un legno impercettibile, un affinamento elegante: ematico ed avvolgente, al naso sprigiona cannella, pepe, more e prugne.

La degustazione finisce in bellezza: Marco riesce a trovare un posto dove farmi piantare la tenda e lo annuncia con una bottiglia di Sagrantino 2016!

Il Sagrantino è il re dei vini e dei vitigni di Montefalco: si presenta con una marasca sotto spirito ed una nota balsamica e fresca, una nota erbacea di canapa e la spezia, il pepe nero. Un vino corposo e sapido, con un tannino presente, non infastidisce, esprime esuberante la sua gioventù.

Mentre si siede con me, Marco versa una bottiglia di Chiusa di Pannone 2016, il loro Cru di Sagrantino. Assomiglia a Marco: giovane ma impostato e ben consapevole del suo potenziale. Si apre piano con una marasca croccante e frutta candita rinfrescate da una nota di cedro ed eucalipto, poi leggerissimi sentori di cuoio e setola. Con un tannino che asciuga ma ogni volta lascia un sorriso e chiede un altro sorso per la sua sapidità.

Io e Marco partiamo dal posto per la tenda e finiamo a parlare di esperienze di vita, città, lavoro e passioni. Il sole si abbassa e per me arriva il momento di montare la tenda.

La notte

Mi accampo di fianco ad un casale fuori uso della cantina circondato da vigneti che scendono giù ripidi mentre il trattorista li ripulisce prima del tramonto. Questa volta a farmi compagnia tre gattoni in cerca di coccole. Il vento picchia forte sulla tenda ma devo lavorare. Poi mi accorgo del male assoluto: tutte le batterie scariche, compreso il caricabatterie. Decido di andare in paese a cercare un bar ed una presa.

Risalgo la strada sterrata e mi avventuro fra i tornanti bui. Arrivo a Montefalco ma sembra tutto chiuso, solo qualche auto passa di tanto in tanto. Sono solo le 21:30 e chiedendo ad un ragazzo di passaggio mi dice che oltre una pizzeria non avrei trovato altro. Giro e rigiro fra le poche strade del paese, trovo la pizzeria completamente deserta. Proseguo. Trovo un piccolo bar con quattro persone che ridono fuori. Mi fermo ed entro. Chiedo una presa per il telefono e lì incontro Vincenzo, uno dei cantinieri della cantina Scacciadiavoli sempre a Montefalco. Vengo assalito da domande su chi fossi, da dove venissi e come fossi finito a parlare con loro in quel bar. Tutti mi prendono in simpatia, tutti tranne Guido. Un vecchio ragazzo che non si era neanche reso conto che fossi lì. La serata prosegue fra scherzi e risate. Per me arriva il momento di andare. Li saluto e risalgo al casale, seguo al buio la discesa sterrata fino alla tenda, finalmente la giornata finisce. Provo a mettermi al computer ma una civetta mi riporta a casa e mi rilassa, chiudo gli occhi.

. Guido

Guido Oliva è un vecchio ragazzo, laureato in Scienze Politiche, con due master alle spalle (Euro-Progettazione e Finanza Agevolata),
un passato nel Roller Derby ed un futuro da Sommelier. Alla ricerca di una svolta da dare alla sua vita, ha deciso di tracciarla su una mappa.

Solitalia è un viaggio su due ruote, in solitaria, alla ricerca delle cantine e dei vitigni più interessanti d’Italia.
Un road-trip alla scoperta dei sapori della Penisola, tra borghi incantati, curve infinite e vigneti nascosti.
Venti giorni, venti località italiane, una moto, una tenda e uno zaino. Un diario di viaggio condiviso attraverso il quale ripercorrere le tappe e i luoghi per scoprire i volti e le storie della lunga tradizione enogastronomica d’Italia.